INTRODUZIONE



Anoressia, bulimia e i disturbi del comportamento alimentare rappresentano un'emergenza clinica che è stata diversamente affrontata dalle varie Regioni Italiane.

I dati dimostrano un'alta incidenza del disturbo nella popolazione prevalentemente femminile ed in età adolescenziale.

Non indifferenti sono i costumi sociali e le mode che condizionano quindi l'espressività sintomatologica del disagio.

I protocolli di trattamento si rifanno a tecniche di derivazione comportamentistica e psicodinamica e vengono efficacemente trattati nel volume così come sono evidenziate le professionalità che intervengono nel trattamento integrato dei DCA.

L'aspetto farmacologico, altrettanto importante, è sviscerato partendo anche dall'analisi della comorbidità e dall'uso degli antidepressivi nel trattamento dei disturbi dell'umore e della personalità, spesso coesistenti nelle persone sofferenti di anoressia o bulimia.

E' questo un campo di confine tra specialità mediche: la psichiatria, l'endocrinologia, la dietologia e la medicina interna.

Si configura quindi come intervento interdisciplinare in cui l'elemento di continuità e contiguità tra psiche e soma appare come ineludibile.

La sfida è duplice ed indicata dalle emozioni che si scaricano sul corpo e dal corpo che esprime emozioni che devono essere ricondotte ad una necessaria ed utile mentalizzazione.

E' quindi affascinante ed allo stesso tempo drammatico il percorso esistenziale delineato dalle persone sofferenti di DCA.

Potremmo definirla anche una malattia frutto della "modernità" e potrebbe avvallare questa opinione il grande spazio che i media danno a questo tipo di patologia ed il tipo di aiuto che i mezzi di comunicazione moderni forniscono ad essa. Sono moltissimi i siti internet di autoaiuto.

Si tratta quindi di organizzare risposte puntuali in tempi successivi ai bisogni così espressi; il lavoro deve essere condotto in gruppo individuando competenze specifiche.

Dall'analisi di queste necessità e dalla valutazione della mancanza di risposte residenziali e semiresidenziali, nella regione Liguria nasce l'idea di promuovere una serie di iniziative culturali e scientifiche sull'argomento: il libro che presento deriva da una di queste, alla quale si sono aggiunti poi contributi di esperti colleghi che hanno accettato di cimentarsi in questa nuova avventura da me promossa.

La struttura terapeutica riabilitativa Villa del Principe nasce in centro a Genova con questa vocazione e si colloca in un percorso di collaborazione stretta col servizio pubblico e con l'unità operativa che, nell'ambito della ASL, Genovese, si occupa di tali problematiche che vengono affrontate in regime residenziale e semiresi
denziale congiuntamente ai disturbi di personalità e dell'umore.

Il libro è un utile, a mio avviso, momento di confronto tra specialisti del settore ed è racchiuso in modo esemplare tra la prefazione del prof. C. Conforto e la postfazione del prof. E. Maura.

Il sottoscritto ed il dr. G. Spinetti sono stati gli organizzatori del convegno svoltosi a Sanremo dal quale, in parte, deriva il volume.

Giovanni Giusto
Presidente Nazionale FENASCOP

PREFAZIONE




La proposta che si evince dalla lettura del volume è di prendere in considerazione i disturbi della condotta alimentare attraverso le varie fisionomie prodotte dai differenziati attuali orientamenti psichiatrici.

Cosicché nella lettura dei capitoli ci si incontra con prospettive interpretative e di intervento diverse, a volte assai diverse. Tuttavia non per questo da intendersi come universi psichiatrici contrapposti (posizione che ritengo non più attuale e comunque non fruttifera) quanto piuttosto come invito al lettore a prendere contatto (possibilmente integrativo) con i vari vertici presenti.

Proporrei quindi un progetto di lettura che consenta di accostare: 

  • i contributi ( molto ricchi di dati) di Spinetti e coll., di Giuffra e del suo gruppo di lavoro, della Loconte, che con chiarezza delineano i tipi, i profili, le concomitanze morbose (e le incerte nozioni etiopatogenetiche) dei disturbi alimentari;

  • il loro non rinunciare a incursioni nel mondo intrapsichico dei pazienti e nelle forme e modalità in cui appare essersi proposto nella prima infanzia l'ambiente d'accudimento;

  • i capitoli in cui l'orientamento interpretativo e curativo è prevalentemente psicologico e psicoanalitico (mi riferisco ai capitoli della Berlincioni e coll., Petrella, Alessandrini e coll., Arata, Marcenaro).

Credo che la varietà (non la contraddittorietà) dei lavori trovi un forte punto di convergenza nel momento in cui ogni autore (ogni lavoro) mi pare possa idealmente collegarsi al (non citato ma implicito) punto prospettico indicato in maniera illuminante dal modello fenomenologico (1).
Il dato che mi è parso avvicinare i diversi contributi è il soffermarsi sulla "rottura della coerenza dell'esperienza naturale" e quindi nella "incoerenza" del paziente nell'accostarsi alle "cose" che vengono trattate in maniera "arbitraria".
Nell'anoressica Ellen West il comando paradosso dato al corpo è "non devi ingrassare" e sempre Binswanger sottolinea " In Ellen West e in tutti gli altri nostri malati non abbiamo altro che la sofferenza perché le cose non sono come essi le vorrebbero".
Osservazione che si ritrova nel volume proposto, questa volta, da un vertice psicoanalitico tradotto nel concetto di "Specifica impasse narcisistica degli Eating Disorders" proposto da Alessandrini, Di Giannantonio e Salerno.
Ovvero il tentativo dell'anoressica di idealizzare il proprio corpo, proponendolo come ente che, ferocemente controllato nel progetto di farsi evanescente, si chiuderebbe all'oggetto pur, paradossalmente, non rinunciando (onnipotentemente) alla fusione con esso.
Cosicchè in questo tragico gioco di rimandi tra esclusione e inclusione fusionale del rapporto lo-Tu si svolgerebbe l'ardua vicenda terapeutica con la paziente anoressica.
L' altro versante dei disturbi alimentari, la bulimia, è qui rappresentato e descritto attraverso la psicoterapia di gruppo psicoanaliticamente orientata (Berlincioni, Iliescu, Petrella).
La vivacità con cui, dopo una fase iniziale di scarsa coloritura emotiva, irrompe improvvisamente (e non potrebbe essere altrimenti) la violenza rabbiosa e "furiosa" della "rnostruosa" voracità, fornisce ai terapeuti e al gruppo una scena (forse una "scena-modello" nel senso di Lictenberg) intorno a cui raccogliersi a immaginare, pensare.
Le successive fantasie, infatti, con cui le terapeute evocano i quadri rappresentanti "S. Giorgio e il drago" e la narrazione del "mitologema" della fanciulla salvata dal "mostro" mi pare consentano al lettore di cogliere da un lato il "modo narrativo" con cui le interpretazioni possono essere proposte nel gruppo analitico e, nello specifico, osservare la trasformazione del vissuto bulimico attraverso le parole di una paziente: "Mi sembra che il "cibo" significhi qualcos'altro. Sto cercando di scoprire cosa".

Gli interessanti interventi analitici mi permettono di inserire una mia osservazione.
In una recente Giornata di Studio sullo stesso tema(2), lo psicoanalista Fort, del Chesnut Lodge Hospital, ha (ri)presentato una visione della struttura psichica dell'anoressica in maniera icastica. Cito due sue frasi: "Le conseguenze fisiche e psichiche della denutrizione rendono l'anoressica asessuata". Poco oltre: "L'anoressica teme la penetrazione e l'orgasmo" e inoltre aggiunge come contenuti legati all'avidità infiltrerebbero le fantasie sessuali consce e inconsce.
Le considerazioni di Fort mi hanno portato a riflettere sul perché oggi (o quanto meno in questo volume) all'aspetto della sessualità nel paziente con problemi alimentari (dall'anoressica alla struttura psicofisica dell'obeso/a) sia riservata una certa marginalità.
Mi è tornato in mente un lavoro (indubbiamente provocatorio ma indubbiamente nato da un aspetto attuale della psicoanalisi) di Green(3) del 1996, in cui egli sostiene che la sessualità non è più considerata, nelle analisi attuali, un fattore essenziale dello sviluppo infantile e neppure una determinante etiologica che permette di illuminare la psicopatologia clinica.
Green osserva che con pazienti gravemente regrediti la sessualità (intesa secondo il modello freudiano) non sembra comparire (nell'analisi) perché essi si rendono conto che si esporrebbero ad un grave pericolo ove dovessero affrontare i gravi tormenti di una sessualità conflittuale, ove sono presenti i crudeli morsi della gelosia e i tormenti rabbiosi della frustrazione, il rischio della destrutturazione, insomma.
Questi dati (allarmanti, ma non per questo inaffrontabili), penso, potrebbero indurre una sorta di inconscia collusione nella coppia analitica e spostare l'attenzione sul modello del "deficit" (empatico, connesso all'ambiente primario) e sul ruolo contro-tranferale di "buona mamma" caro a Money-KyrIe.

Discorso ripreso nel 1989 da analisti Kleiniani nel volume di Britton, Feldman e O'Shaughnessy, "The Oedipus Complex Today", Karnac Books, London.

Ritornando al nostro volume, vorrei concludere questa breve presentazione con un commento (rapido) ai lavori che si occupano, all'interno delle istituzioni, dei pazienti con eating disorders.
Soprattutto il contributo di Marcenaro e Roccatagliata (tratto dal lavoro della Clinica Psichiatrica dell'Università di Genova), mette in evidenza la necessità che i casi ricoverati, per la loro maggior gravità, necessitano di psichiatri che abbiano una prospettiva clinico psicopatologica e analitico relazionale, portatori quindi di una funzione terapeutica necessariamente integrata.



Carmelo Conforto
Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana


NOTE

1. L. BINSWANGER Essere nel mondo, Astrolabio, Roma, 1973.

2. II Giornata di Studio Italia-USA: I Disturbi del Comportamento Alimentare, Perugia, 19 gennaio 1992. Atti a cura di R. Quartesan.

3. A. GREEN (1996) La sexualitè a-t-elle un quelque rapport avec la psycbanalyse?, Rev. Franc. Psychanal. 3.

Tratto da IL TRATTAMENTO INTEGRATO DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE - a cura di G. Giusto, G. Spinetti - La Redancia Edizioni

 

CAPITOLO 1

 

I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

 

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) comprendono Anoressia, Bulimia Nervosa, Disturbi dell'Alimentazione Non Altrimenti Specificati (Sindromi Parziali) e Disturbi da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder).

 

Quest'ultima categoria, di recente descrizione nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'American Psychiatric Association (DSM IV), presenta uno status ancora in via di definizione.

 

Secondo G.B. Cassano: "Se è vero che alterazioni del comportamento alimentare sono presenti in molte condizioni psicopatologiche, è altrettanto vero che, quando sono presenti nella loro piena espressione clinica, i Disturbi della Condotta Alimentare costituiscono quadri morbosi così peculiari e costanti da imporre la loro precisa individuazione e riconoscimento come entità nosografiche autonome" (1992).

 

La nosografia recente, in particolare il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'American Psychiatric Association, IV edizione, nel capitolo dedicato ai Disturbi dell'Alimentazione comprende l'Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa, i più comuni disturbi del comportamento alimentare e i Disturbi defl'Alimentazione N.A.S. (meno specifici o meno tipici). Nell'Appendice, per le nuove categorie allo studio, è invece stato inserito il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Compulsiva).

 

Tra tutti questi disturbi i più diffusi e quindi maggiormente studiati sono l'Anoressia e la Bulimia.

 

Le statistiche dell'ISTAT (2000) riferiscono che su una popolazione di 4.600.000 giovani donne italiane fra i 12 e i 25 anni, si stimano 138.000 casi di anoressia e 230.000 di bulimia (R. Dalla drave et AI., Dossier Salute N. 62, Anno IX).

 

La prima manifestazione dell'Anoressia si registra in media verso i 17 anni. Gli esperti della STS-DCA hanno individuato due picchi rispetto alla frequenza dell'età di esordio, uno intorno ai 14 anni, l'altro ai 18. Risultano più rare le anoressie prepuberali, prima che avvengano i caratteristici cambiamenti somatici della pubertà e premenarcali. La Bulimia è una sindrome di recente definizione, di conseguenza i dati epidemiologici sono minori.

 

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) prevalgono soprattutto nei Paesi occidentali industrializzati dove Ia magrezza è un valore socialmente importante e desiderabile": ne sono vittime il 45 % delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 3 5 anni.

 

Il suddetto modello culturale è divulgato attraverso messaggi veicolati da riviste, films, televisione e pubblicità che riconducono il rispetto e l'amabilità di una persona alla "perfetta forma fisica". Le adolescenti occidentali ricorrono allo stereotipo femminile proposto dal mondo della moda, nella continua ricerca dell'approvazione altrui.

 

Nella società attuale la figura femminile è sottoposta a richieste spesso inconciliabili e contraddittorie che le impongono di essere moglie e madre premurosa, donna attraente, curata e allo stesso tempo la spingono a competere intellettualmente e professionalmente con gli uomini.

 

Un’eccessiva preoccupazione riguardo alle forme fisiche, il controllo dell'atto del mangiare, il pensiero del cibo, diventano facilmente comportamenti ossessivi che possono celare una patologia più profonda: questa colpisce fondamentalmente giovani donne che, mentre lottano contro il proprio corpo, combattono disperatamente, in realtà, anche contro la sensazione di non essere all'altezza di condurre la propria vita autonomamente.

 

Essere magre, mantenere il proprio peso per queste persone vuol dire corrispondere all'ideale di magrezza propagandato dalla moda (un'identità standardizzata) e insieme rinnegare le caratteristiche femminili (e cioè accoglienti, recettive) del corpo, sentite come poco rispondenti ai requisiti di forza ed efficacia, che così spesso si richiedono alla donna d'oggi.

 

I disturbi del comportamento alimentare interessano anche il mondo maschile, seppure in minoranza (5%), evidenziando l'evoluzione di un contesto culturale che riduce sempre più le differenze tra i ruoli maschile e femminile.

 

Il mondo femminile è maggiormente soggetto a queste patologie poiché si sottopone più frequentemente a diete, che aumentano la probabilità di sviluppare disturbi dell'alimentazione.

 

Il rapporto con il cibo è rilevante nella formazione dell'identità dei maschi e delle femmine post-moderni in quanto correlato sia alla percezione di sé che all' interazione con il mondo. Lapprovazione altrui è basata sull'aspetto fisico e sulla magrezza.

 

Un’ aspetto fisico diventa più importante di qualsiasi altra cosa e su di -esso si basa l'auto valutazione che il paziente ha di se stesso.

 

L’Anoressia Nervosa, nonostante l'interesse che ha avuto nei secoli (vedi per es. i digiuni di molte sante), rimane ancora oggi, per alcuni aspetti, un enigma interpretativo. Colpisce soprattutto la donna con un rapporto tra maschi e femmine che va da 1: 10 a 1: 20; "si tratta del rapporto tra sessi più squilibrato tra tutti i disturbi psichiatrici (Wan Deth, 1999).

 

E' una patologia che investe mente e corpo, infanzia e vita adulta e, pertanto, risulta di difficile descrizione attraverso il linguaggio medico e psichiatrico, tanto da essere definita come enigma (Bruch, 1977).

 

Il termine Anoressia deriva dal prefisso negativo "a" e dal verbo greco "orego" che significa desiderare: il significato letterale sottolinea dunque una mancanza di desiderio più che una disposizione al rifiuto del cibo. Nelle anoressiche si riscontra l'atteggiamento di rifiuto del cibo che non comporta, tuttavia, la mancanza di appetito ma è invece legato al forte timore di ingrassare e alla necessità di controllare l'alimentazione.

 

"Non mangiare significa purificarsi dal senso di colpa per l'odio che sprizza fuori dal rapporto con la madre dalla quale si è tremendamente dipendenti" (Walter Bruno, 1983).

 

Molte informazioni sull'anoressia ci pervengono dal periodo medioevale anche se la maggior parte degli studiosi si interrogano sulla possibilità di commisurare i casi attuali di franca anoressia nervosa alle severe pratiche di digiuno in un contesto culturale intriso di misticismo quale è stato il Medioevo.

 

La prima descrizione di un caso che presenta le caratteristiche cliniche dell'Anoressia Nervosa attuale risale al secolo XVI, ad opera di Simone Portio, filosofo napoletano, che riferisce di una giovane fanciulla che si ridusse in condizioni di estrema magrezza per digiuno spontaneo.

 

La prima descrizione clinica ufficiale è invece quella del medico inglese Richard Morton che nel 1689 diede alle stampe il suo Trattato "Phthisiologia: or a Treatise ori Consumption", dove riportò una sindrome da deperimento di origine nervosa, caratterizzata da perdita di appetito globale, senza febbre nè tosse, nè respirazione alterata, accompagnata da amenorrea, stitichezza, estremo dimagrimento, attività incessante della paziente e un vero e proprio rifiuto verso qualsiasi cura. Morton suppose che la causa della malattia fosse da ricercare nel sistema nervoso centrale (e cioè nella mente), affermando che tutto era incominciato "for a multitude of cares and passions of her mind"(1689).

 

Nella seconda metà del XIX secolo i medici Charles Lasegue in Francia (1873) e William Gull in Gran Bretagna (1874), pubblicarono alcuni lavori su casi di digiuno volontario, oggi riconoscibili come anoressia.

 

Gull nel 1868 descrisse in giovani donne una malattia caratterizzata da emaciazione, amenorrea, iperattività, e coniò il termine di "Anorexia Nervosa". Egli suppose che la mancanza di appetito fosse da attribuire ad uno stato mentale morboso, suggerendo per la guarigione l'allontanamento dall'ambiente familiare.

 

Nel 1873 a Parigi Lasègue denominò "Anorexie hysterique" la privazione volontaria di cibo da parte di pazienti di sesso femminile.

 

Egli scrisse che le ammalate affermavano di non essersi mai sentite meglio, né mostravano volontà di guarire, e sottolineò anche le relazioni patologiche con la famiglia, intuendo cosi due aspetti fondamentali della malattia.

 

Nel 1883, per merito di Huckard, compare il termine "Anoressia Mentale", tuttora preferenzialmente adottato dagli Autori di scuola latina (Anoressia Nervosa è invece il termine attualmente impiegato dalla scuola anglosassone).

 

In seguito alla pubblicazione di Simmonds, e fino agli anni Trenta, tutti i casi di anoressia psicogena vennero diagnosticati come Cachessia ipofisaria dovuta ad un'insufficienza funzionale dell'ipofisi, con il risultato che qualunque caso di malnutrizione veniva ricondotto a un qualche disturbo endocrino.

 

Negli ultimi anni è stato evidenziato l'aspetto psicologico del problema anoressico-bulimico, confermando l'origine psicogena del disturbo. I vari Autori riferiscono di una sindrome genuina, consistente nella "paura di ingrassare", collegata con alterazioni di fondo preesistenti.

 

La Bulimia, che etimologicamente significa "fame da bue" (dal greco bous=bue + limos=fame), appare raramente citata, prima degli anni Settanta, nelle pubblicazioni mediche.

 

Ritenuta fino alla fine del secolo scorso e nei primi del Novecento una componente del quadro clinico dell'Anoressia, la Bulimia oggi è stata riconosciuta, nei DSM, come entità a se stante.

 

Nel 1979 il Professor Gerald Russel sostenne che la Bulimia fosse una variabile clinica dell'anoressia mentale, successivamente fu correlata all'obesità, finché fu descritta come sindrome autonoma (DSM/terza edizione, 1980).

 

La Bulimia divenne più nota con la diffusione di dati che documentavano l'aumento di fenomeni di iperalimentazione e svuotamento volontario dello stomaco nei College Universitari Americani (Gordon, 1991).

 

A tutt'oggi una bassa percentuale di soggetti bulimici richiede un aiuto professionale a causa dei forti sentimenti di colpa e vergogna che accompagnano lunghi periodi di condotte alimentari inadeguate. Questo aspetto rende difficoltosa la ricerca sull'incidenza della Bulimia.

 

CRITERI DIAGNOSTICI FONDAMENTALI E FORME CLINICHE

 

I Disturbi del Comportamento Alimentare (Eating Disorders) sono classificati tra le malattie mentali e rientrano nell'area di competenza della psicopatologia, della psichiatria e della psicoterapia. Tuttavia, fra le malattie mentali, sono forse quelle che presentano più zone di intersezione con altri settori della medicina, e che più richiedono, soprattutto in alcune fasi, interventi coordinati di specialisti diversi.

 

La compresenza nello stesso paziente di alterazioni fisiche e disturbi psichici, indipendentemente dal loro movente etiopatogenetico, rende indispensabile una cooperazione pluridisciplinare per un corretto inquadramento diagnostico e per un adeguato indirizzo terapeutico.

 

La categoria dei Disturbi della Condotta Alimentare comprende pazienti molto diversi tra loro.

 

L'Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa sono i due Disturbi del Comportamento Alimentare più importanti, e le loro definizioni sono state modificate a più riprese nel corso degli ultimi venti anni (DSM-III, DSM-III-R, DSM-IV).

 

A questi vanno aggiunti le Sindromi Parziali (DSM-IV- Disturbi dell'Alimentazione Non Altrimenti Specificati) e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder) (DSM-IV App.13).

 

L'Obesità, inclusa nell'International Classification of Diseases (ICD), non compare nel DSM-IV in quanto non è riconoscAita la natura prevalentemente psicogena di tale condizione patologica.

 

1. Anoressia Nervosa

 

L’Anoressia Nervosa è inquadrata nel DSM-IV nella sezione dei Disturbi dell'Alimentazione. Nella Tabella seguente sono indicati i Criteri Diagnostici che ne consentono l’inquadramento (Tab. 1).

 

Tab. 1 Criteri Diagnostici per F 50.0 Anoressia Nervosa (307.1)

 

A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che A peso rimane al di sotto dell'85 % rispetto a quanto previsto).

 

B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.

 

C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.

 

D. Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni).

 

Specificare il sottotipo:

 

Con Restrizioni: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

 

Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

 

(Tratta da DSM-IV, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, edA, Copyright American Psychiatric Association, Washington, 1994. Edizione Italiana Masson, Milano 1995, p.597).

 

H DSM-III-R aveva già proposto per l'Anoressia Nervosa alcune innovazioni rispetto al DSMAII: aggiungeva l'amenorrea per le pazienti di sesso femminile (nota l); riconosceva che il quadro completo dell'Anoressia può manifestarsi anche in soggetti con perdita ponderale inferiore al 25% del peso originario (per il DSM-111 la perdita del peso corporeo doveva essere almeno del 25%); ometteva, infine, il criterio "assenza di malattie somatiche" giudicandolo superfluo. Inoltre, sia il DSM-III-R che il DSM-IV adottano criteri più ampi ed elastici, ad esempio, nella mancanza di limiti d'età e nella valutazione meno rigida della perdita di peso.

 

2. Bulimia Nervosa.

 

La Bulimia Nervosa è inquadrata nel DSM-IV nella sezione dei Disturbi dell'Alimentazione.

 

Nella Tabella seguente sono indicati i Criteri Diagnostici che ne consentono l'inquadramento (Tab. 2).

 

Tab. 2 Criteri Diagnostici per F 50.2 Bulimia Nervosa (307.51)

 

A. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:

 

1) mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili;

 

2) sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

 

B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.

 

C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.

 

D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.

 

E. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

 

Specificare il sottotipo:

 

Con Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale di Bulimia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

 

Senza Condotte di Eliminazione: nell'episodio, attuale il soggetto ha utilizzato regolarmente comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l'esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all'uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

 

(Tratta da DSM-IV, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, ed. 4, Copyright American Psychiatric Association, Washington, 1994. Edizione Italiana Masson, Milano 1995, p. 602).

 

I sintomi bulimici vengono sistematizzati per la prima volta in una categoria diagnostica ufficiale nel DSM-III (1980), anche se il "battesimo" nosografico è da attribuire a Russell che, per primo, nel 1979, conferì alla Bulimia il valore di entità clinica autonoma.

 

Russell descrisse la Bulimia come "una inquietante variante dell'anoressia", osservando che dal 30% al 50% dei soggetti anoressici va incontro all'instaurarsi di sintomi bulimici nel corso della malattia. D'altra parte non va dimenticato che sintomi strettamente anoressici, come il digiuno, l'attività fisica e il controllo del peso, rientrano nel profilo clinico della Bulimia Nervosa.

 

Il DSM-III-R (1987) riprende i criteri proposti dal DSM-III, ma sostituisce al termine Bulimia quello di Bulimia Nervosa, scandisce la frequenza delle abbuffate alla settimana necessarie per convalidare la diagnosi (media minima di 2 episodi alla settimana per almeno 3 mesi), evidenzia e sistematizza i comportamenti compensatori di eliminazione del cibo, introduce un nuovo elemento per fare diagnosi, e cioè il vissuto di preoccupazione morbosa riguardo alla forma e al peso corporeo.

 

Ed è proprio questo sintomo, la paura morbosa di ingrassare", ad essere condiviso con l'Anoressia Nervosa.

 

Nella Fig. 1 vengono indicati i sintomi indispensabili per le diagnosi di Anoressia Nervosa e di Bulimia Nervosa.

 

Un sintomo condiviso.

 

ANORESSIA NERVOSA

 - paura morbosa di aumentare di peso

 - perdita di peso

 - amenorrea

 

BULIMIA NERVOSA

 - paura morbosa di aumentare di peso

 - abbuffate compulsive

 - comportamenti di compenso

 

Fig. 1 (Tratta da M. Cuzzolaro, 1994, p. 14).

 

 

Sono tre le caratteristiche indispensabili per porre diagnosi di Anoressia Nervosa:

- la paura fobica di aumentare di peso, la perdita di peso e l'amenorrea.

 

Per la Bulimia Nervosa sono invece necessari i seguenti tre sintomi per porre la diagnosi clinica:

- la paura morbosa di acquistare peso, le abbuffate compulsive (il "binge eating" della letteratura anglofona) e la messa in atto di pratiche "compensatorie" volte ad eliminare il cibo (vomito autoindotto, abuso di lassativi, dieta ferrea, digiuno, a volte strenuo esercizio fisico).

 

Come si vede, la paura morbosa di ingrassare (“Weight-Phobia"), è un sintomo comune, condiviso dalle due sindromi.

 

3. Disturbi dell'Alimentazione non Altrimenti Specificati.

 

Nel DSM-IV sono descritte per la prima volta le cosiddette Sindromi Parziali, che rientrano nel gruppo dei Disturbi dell' Alimentazione Non Altrimenti Specificati.

 

I Criteri Diagnostici del DSM-IV sono rappresentati nella Tabella 3.

 

Tab. 3 Criteri Diagnostici per F 50.9 Disturbi dell'Alimentazione Non Altrimenti Specificafi (307.50).

 

La categoria "Disturbi della Alimentazione Non Altrimenti Specificati" comprende quei disturbi dell'alimentazione che non soddisfano i criteri dell' Anoressia, della Bulimia e del BED. Gli esempi includono:

 

A. Per il sesso femminile, tutti i criteri dell'Anoressia Nervosa in presenza di un ciclo mestruale regolare.

 

B. Tutti i criteri dell'Anoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma.

 

C. Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per settimana per 3 mesi.

 

D. Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione del vomito dopo aver mangiato due biscotti).

 

E. Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle, grandi quantità di cibo.

 

F. Disturbo da Alimentazione Incontrollata, ricorrenti episògi di abbuffate in assenza delle regolari condotte compensatorie inappropriate tipiche della Bulimia Nervosa.

 

(Tratta da DSM-IV, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, ed. 4, Copyright American American PsychiaVic Association, Washington, 1994. Edizione italiana Masson, Milano 1995, p 603).

 

Nelle Sindromi Parziali, chiamate a volte Subcliniche o Subliminali (Subthreshold Eating Disorders) sono presenti alcuni ma non tutti i sintomi necessari per la diagnosi di Anoressia o di Bulimia. Per esempio, certe ragazze possono incontrare tutti i criteri per l'Anoressia Nervosa ad eccezione del ciclo mestruale alterato; oppure gli episodi di binge eating e i meccanismi compensatori possono presentarsi con una frequenza minore rispetto alle due volte a settimana o per una durata inferiore a tre mesi.

 

EPIDEMIOLOGIA

 

E' opinione comune che l'Anoressia sia più frequente che in passato. Gli studi epidemiologici sono scarsi ed è ancora in discussione se l'aumento di incidenza e prevalenza sia reale o secondario ad un accresciuto interesse al problema..

 

L'Anoressia Mentale interessa prevalentemente le donne (circa il 5 - 10 % di persone sono femmine).

 

Il quadro clinico del disturbo è sovrapponibile nei due sessi.

 

La malattia insorge in modo subdolo ed interessa la fascia di età tra i 12 e i 25 anni, con due picchi di maggior frequenza a 14 e 18 anni; colpisce maggiormente le classi medie ed elevate e le professioni legate alla moda e alla danza.

 

La Bulimia è più frequente nel sesso femminile con un rapporto di 50:1. Le classi più colpite sono le medio-alte e l'età di esordio è fra i 12 e i 25 anni, con un picco di maggior frequenza tra i 17 e i 18 anni.

 

Come per l'Anoressia, il disturbo è più frequente nei soggetti che svolgono peculiari attività come modelle, ballerine, atleti di ambo i sessi.

 

EZIOPATOGENESI

 

Non essendo noti gli agenti eziologici specifici sia per l'Anoressia che per la Bulimia Nervosa, nell'ultimo decennio è prevalsa la convinzione che per entrambi i disturbi ci si trovi di fronte ad un'eziologia multifattoriale.

 

Sono stati distinti nell’eziopatogenesi dell'Anoressia fattori predisponenti (individuali, familiari e culturali) che possono concorrere a determinare l'insorgenza del disturbo, fattori scatenanti (eventi vitali stressanti quali: separazioni e perdite; alterazioni dell'omeostasi familiare; minacce alla stima di sé; malattie fisiche gravi) che possono giocare un ruolo nel precipitare l'inizio del disturbo e fattori perpetuanti (guadagni secondari" legati al disturbo; effetti del digiuno e della perdita di peso) che tendono a far mantenere la sindrome.

 

A questi fattori potrebbero aggiungersene altri di natura iatrogena (Garner, 1985; Stunkard et al., 1984): alcuni interventi medici inadeguati possono favorire lo scatenamento, il mantenimento o l'aggravamento dell'Anoressia Nervosa (prescrizioni di diete, di preparati ormonali e di farmaci che inducono fertilità; psicoterapie familiari o individuali focalizzate esclusivamente sui conflitti psicologici del paziente).

 

Anche per la Bulimia Nervosa non sono noti agenti eziologici specifici. Si possono indicare alcuni fattori di rischio quali una vulnerabilità biologica all'instabilità affettiva in giovani donne; basso livello di autostima; ambiente familiare conflittuale e disorganizzante e difficoltà nell'autoregolazione.

 

In conclusione, appare sempre più probabile che Anoressia e Bulimia siano espressione di un disagio psichico, quasi esclusivamente femminile, nello sviluppo e nel cambiamento adolescenziale. Una vera e propria "nevrosi alimentare" (Tridenti, 1994), che si instaurerebbe in un soggetto vulnerabile sia dal punto di vista biologico che emozionale sulla base di fattori predisponenti genetici od ambientali. Le diete o altri stressors ambientali agirebbero come fattori scatenanti, mentre le variazioni biochimiche conseguenti all'instaurarsi del disturbo, alle reazioni familiari, potrebbero agire come elementi perpetuanti lo stesso.

 

ANORESSIA

Quadri clinici e disturbi associati

 

Spesso la personalità premorbosa delle anoressiche è connotata da introversione, bassa autostima, perfezionismo; in molti casi si riscontra un rendimento scolastico superiore alla media, attribuibile ad un intenso impegno riposto nello studio più che ad un elevato quoziente intellettivo.

 

Sovente vengono addotti disturbi digestivi vaghi che hanno lo

scopo di limitare l'assunzione del cibo proposto; altre volte le pazienti si disfano del cibo somministrato nascondendolo o gettandolo via. Successivamente si fa più evidente la ricerca "a tutti i costi" della magrezza con l'eliminazione dei cibi a più alto contenuto calorico e standardizzazione di una dieta minima ed insufficiente.

 

Vengono instaurati comportamenti spesso ritualizzati per aumentare il consumo energetico, con iperattività inusitata contrastante con il dimagrimento.

 

La maggior parte delle pazienti ha fame ma lo nega. Spesso il desiderio del cibo riemerge sotto forma di crisi bulimiche: vere e proprie abbuffate che terminano con l'autoprovocazione del vomito.

 

Al disturbo dell'immagine corporea, che può assumere addirittura caratteristiche deliranti, si accompagna la negazione di malattia con conseguente rifiuto di curarsi.

 

Le critiche e le pressioni dell'ambiente (quasi sempre quello familiare), volte all'ottenimento di una corretta alimentazione da parte dell'ammalata, rafforzano invece i propositi di digiuno. Lo scadimento delle condizioni generali si accompagna in molti casi alla comparsa di episodi depressivi.

 

Nella fase avanzata della patologia possono comparire: disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi e precoci risvegli mattutini); irrequietezza; incapacità a concentrarsi.

 

Il disturbo necessita di un trattamento immediato che ostacoli la tendenza alla cronicizzazione.

 

L’iperattività, la ricerca della magrezza e la fobia del peso, l'assenza di deliri di veneficio e di bizzarrie dell'alimentazione distinguono l'Anoressia Mentale dai deperimenti secondari a malattie organiche, dalla mancanza di appetito nella depressione e dalla schizofrenia.

 

Decorso

 

Spesso si tratta di un episodio singolo seguito da remissione ma il disturbo può assumere caratteristiche ricorrenti.

 

La mortalità è attorno al 5-20% dovuta a denutrizione e a squilibri elettrolitici.

 

Terapia

 

L’intervento terapeutico è di difficile attuazione con il paziente anoressico non motivato ad un percorso di guarigione.

 

La scelta della terapia deve essere precoce e orientata a non trascurare i fattori di mantenimento e di cronicizzazione che possono condurre alla morte (dieta, calo ponderale, preoccupazione eccessiva per le forme corporee).

 

Immediata deve essere la valutazione interistica volta a correggere la disidratazione e lo squilibrio elettrolitico.

 

L consigliabile il ricovero in ambiente ospedaliero che diviene indispensabile qualora sussistano le seguenti condizioni:

 

- calo ponderale > al 25% del peso ideale

 

- gravi complicanze organiche

 

- rischio di suicidio

 

- allontanamento dall'ambiente socio-familiare.

 

L’efficacia della terapia farmacologica (antidepressivi qualora esista depressione, antistaminici per favorire l'appetito), psicodinamica e familiare dipende da una corretta educazione nutrizionale.

 

L'Anoressia Nervosa generalmente richiede trattamenti più lunghi rispetto alla Bulimia.

 

BULIMIA

Quadri clinici e disturbi associati

 

Il paziente bulimico è generalmente normopeso ma ha paura di ingrassare e pone un'attenzione eccessiva al proprio aspetto in modo particolare ma non esclusivo alla forma e al peso.

 

Nella maggior parte dei casi è presente una personalità premorbosa caratterizzata da: uno scarso concetto di sé, elevati livelli di perfezionismo, pensiero «tutto o nulla"e difficoltà nel controllo degli impulsi.

 

Il sintomo principale è la crisi bulimica successiva di solito a episodi di tristezza, malinconia, ansia, stress, o anche alla vista o all'assaggio di cibi particolarmente appetitosi.

 

Inizialmente le abbuffate (specialmente di zucchero, grassi e comunque sostanze alimentari normalmente considerate proibite) comportano una diminuzione dell'ansia legata al tentativo di seguire una dieta ferrea ma successivamente insorgono sentimenti di colpa, disgusto nei confronti di se stessi e paura di-acquistare peso. Le condotte compensatorie (vomito autoindotto, assunzione cronica di lassativi e diuretici, digiuno) rappresentano l'unica risposta a tali vissuti negativi.

 

Alcune persone bulimiche ricorrono ad abuso di sostanze o a comportamenti autolesionisfici per soffocare la tensione.

 

I pazienti si rivolgono al medico solo dopo alcuni anni di alternanza di rigida dieta ed "abbuffate"che innescano un circolo vizioso minando l'autostima, aumentando la preoccupazione per il peso, promuovendo nuovamente il ricorso ad una dieta ferrea.

 

Molto frequentemente si ha una remissione spontanea; in alcuni casi le alterazioni della condotta alimentare possono compromettere in modo significativo la vita lavorativa e relazionale.

 

Spesso i soggetti bulimici evitano le situazioni sociali sopraffati da un forte senso di vergogna per il proprio corpo.

 

In Italia la Bulimia Nervosa prevale nel sesso femminile con una percentuale dello 0,5 -1 % al nord, 0,7 % al centro e 1,7 % al sud.

 

Terapia

 

Nel trattamento della Bulimia l'intervento di prima scelta è generalmente l'approccio cognitivo comportamentale che promuove miglioramenti sintomatologici in breve tempo rispetto alle altre modalità terapeutiche. Il trattamento proposto da Faiburn negli anni Ottanta prevede 19 sedute individuali della durata di 50 minuti, per un periodo di tempo di 4/5 mesi. Uobiettivo primario consiste nel modificare i fattori comportamentali e cognitivi di mantenimento del disturbo (dieta rigida, abbuffate, comportamenti di compenso ed eccessiva preoccupazione per il peso).

 

Un'alternativa può essere costituita dalla psicoterapia dinamica individuale, preferibilmente associata alla gestione dei sintomi.

 

Se le condizioni psico-fisiche del paziente sono gravi, è opportuno il ricovero ospedaliero

 

In alcuni casi è previsto l'intervento farmacologico (fluoxetina) maggiormente efficace se integrato con la modalità terapeutica scelta.

 

La terapia familiare, affiancata ad altre forme di intervento, può facilitare la comprensione delle problematiche del paziente.

 

BINGE EATING DISORDER (BED)

 

Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder) costituisce una nuova diagnosi, ancora in via di definizione, i cui criteri sono introdotti nell'Appendice B del DSM-IV

 

Fairburn (1993), psichiatra e psicoterapeuta di scuola anglosassone, ha rivolto particolare attenzione al suddetto disturbo.

 

Alla fine degli anni Cinquanta il dottor Albert Stunkard dell'Università della Pennsylvania rilevò problemi significativi di abbuffate compulsive in alcune persone obese. Negli anni Ottanta si osservò che circa un quarto dei soggetti preoccupati della propria obesità mostravano sintomi di abbuffate compulsive, che non soddisfavano i criteri diagnostici della Bulimia Nervosa.

 

Il dottor Robert Spitzer della Columbia University parlò di Sindrome da Sovralimentazione Patologica, denominata successivamente Disturbo da Abbuffate Compulsive.

 

Gli autori che hanno introdotto il BED (Tech, 1988; Marcus, 1990; Spitzer, 1991) si riferiscono ad un gruppo di soggetti in una condizione di eccesso ponderale Cobese binge-eater") dovuta all'introduzione di enormi quantità di cibo, in assenza di condotte compensatorie.

 

Dalla ricerca clinica emerge che il Binge Eating Disorder è più diffuso della Bulimia Nervosa e colpisce i bianchi e gli afro-americani in egual misura.

 

Il BED sembra interessare il 20-30% di quanti richiedono il trattamento per l'obesità e il 5-8% degli obesi in generale; colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini con un rapporto di 3 a 2 (Arnone E et al., Dossier Salute N. 62; Anno IX).

 

Il termine "binge eating" significa letteralmente "indulgere troppo nel mangiare": è un sintomo comune alle sindromi appartenenti alla categoria dei Disturbi dell'Alimentazione di cui il BED fa parte.

 

Il Binge Eating è indipendente dall'Indice di Massa Corporea (BMI). Si riscontra nell'Anoressia Nervosa di Tipo Bulimico (BMI> 16), nella Bulimia Nervosa sia di tipo «purgativo che "non purgativo" (BMI nella norma o, più spesso, sotto la norma), in alcune Sindromi Parziali e nel Disturbo da Alimentazione Incontrollata associabile ad un peso normale o a vari livelli di sovrappeso e di obesità (BMI > 25) (Cuzzolaro, 1994).

 

Il sintomo binge eating descritto nel DSMAV riguarda esclusivamente le abbuffate compulsive oggettive.

 

Il comportamento compulsivo è caratterizzato dal vissuto di "perdita di controllo sul cibo" adottato come principale strumento di analisi differenziale tra abbuffata compulsiva, sovrabbondante alimentazione e semplice indulgenza.

 

I criteri riferiti al Disturbo da Alimentazione Incontrollata, contenuti nel DSMAV, definiscono un episodio di abbuffata compulsiva in base alla presenza di due elementi: mangiare, in un arco di tempo definito (per es.; entro un periodo di due ore), una quantità di cibo superiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbero in un periodo simile di tempo e in contesti affini; vissuto di perdita di controllo nell'introduzione di cibo durante l'episodio (per es.; la sensazione di non riuscire a fermarsi, oppure a controllare che cosa e quanto si sta mangiando).

 

Il soggetto deve rispondere a tre o più condizioni quali: mangiare più velocemente del normale; introdurre cibo fino a sentirsi spiacevolmente colmi; ingerire una eccessiva quantità di cibo senza avvertire fame; mangiare in solitudine sopraffatti dall'imbarazzo per la quantità eccessiva di cibo assunto; esperire depressione, disgusto verso se stessi e sentimenti di colpa dopo le abbuffate.

 

 L'inadeguata condotta alimentare si protrae almeno per due giorni alla settimana in un periodo di sei mesi.  v

 

L’esordio del comportamento alimentare incontrollato può avvenire in un arco di tempo compreso tra la tarda adolescenza e i cinquanta anni.

 

A differenza della Bulimia Nervosa, le persone colpite dal Binge Eating Disorder non ricorrono a diete ferree ed a condotte di compenso (vomito autoindotto, lassativi, diuretici, digiuno, eccessiva attività fisica) ma alternano fasi di diete a periodi di sovraalimentazione anche al di fuori dell'abbuffata (Fairburn, 1996).

 

La dieta può comportare l'evitamento dell'assunzione di cibo tra un'abbuffata e l'altra, la riduzione di una quantità di alimenti controllando l'apporto calorico o l'esclusione di alcuni cibi considerati 44 pericolosP perché ingrassanti.

 

I soggetti che si abbuffano in modo compulsivo sembrano accomunati dai seguenti tratti di carattere: scarsa stima di sé; perfezionismo; pensiero tutto o nulla (dicotomico); impulsività.

 

Terapia

 

L’intervento di prima scelta è la terapia cognitivo-comportamentale eventualmente associata al trattamento farmacologico con antidepressivi.

 

 

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