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VOLUME XVIII
ANNO 2010
N 1
Indice
IL VASO DI PANDORA
Dialoghi in psichiatria e scienze umane - Vol. XVIII, N°1, 2010


Sommario
Editoriale
Paola Destefani
pag. 7

TRA PRASSI E TEORIA
Quando il paziente proviene da una cultura differente: la fatica e il rischio dell’ascolto
Giovanni Del Puente
pag. 15

L’educatore professionale: motivazioni e valori in una professione “debole”
Prastaro M., Gialdino G.
pag. 37

APPUNTI DI VIAGGIO

Genio e follia: il caso Lautreamont
Federico Pastore
pag. 63

QUATTRO PASSI PER STRADA
Recensione a
Problem solving nella riabilitazione psichiatrica. Guida pratica di Laura
Barbieri, Ileana Boggian e Dario Lamonaca, Trento, Erikson, 2008
Paolo Pedemonte, Pier Francesco Peloso
pag. 87

“La mente spiegata da Edvard Munch”: Psicoanalisi in dialogo con un artista
di Marco Alessandrini, 2009, Edizioni Scientifiche Ma. Gi.
Paola Destefani
pag. 93

Editoriale


Nella prefazione alla prima parte della sua autobiografia – “La lunga attesa” - W. Bion scrive: “In questo libro, la mia intenzione è stata quella di essere veritiero. È un'ambizione esagerata; dopo molti anni di esperienza, so che al massimo posso pretendere di essere 'relativamente' veritiero. Senza voler in nessun modo dare una definizione rigorosa dei termini faccio solo presente che per 'verità' intendo una verità 'estetica' e una verità 'psicoanalitica'; quest'ultima la considero un 'grado' della verità scientifica. In altre parole, spero di ottenere, in parte e nel tutto, una formulazione dei fenomeni tale da renderli il più possibile vicini ai noumeni”.


Ho voluto proporre le parole di Bion ad accompagnarci nella lettura di questo numero de “Il Vaso di Pandora” che mi pare ci spinga con decisione a riflettere sulla complessa natura del funzionamento mentale soprattutto in relazione al suo essere fenomeno che oggettivizza (produce pensieri), ma che altresì attinge a funzioni non identificabili se non nel loro stesso esprimersi variabilmente soggettivo. Il modello della mente suggerito da Bion propone la curiosa ipotesi che siano i pensieri e i loro “predecessori” che lui chiamerà precognizioni a spingerci all'attività del pensare e quindi a spingere la nostra psiche nella stessa direzione. Da questo punto di vista quello che accede alla nostra mente sarà inevitabilmente il risultato delle nostre tensioni emotive (e non) rivolte al conoscere e al sentire la nostra esperienza, operazione condotta più o meno a buon fine dal nostro “amore di verità”.


È nella direzione di questa esperienza di “verità” (relativa) che viene lasciata svelarsi, che si muovono i lavori presentati. Essi si svolgono con una particolare connotazione di racconto, fragile nel suo scarno aderire ai fatti, ma solido nella sua tenace volontà di riprodurre il più fedelmente possibile la propria esperienza, lasciando al lettore il compito di riconoscerla.


Così gli autori ci offrono l'opportunità di “lasciar funzionare” la nostra mente seguendo i percorsi che li hanno condotti ma anche forse differenziandoci dalla loro esperienza per trovare altri significati e suggestioni.


Alcune osservazioni e riflessioni che mi hanno suscitato.


G. Del Puente presenta un caso di particolare interesse attuale sia per gli spunti di natura culturale che la lettura offre sia per le modalità con cui viene descritto il caso che mi pare segua un filo non logico (nel senso ortodosso del termine), quanto pre-logico nel suo offrirsi quale percorso sensoriale che sovverte o almeno non obbedisce alle consuete descrizioni dei casi clinici.


Il caso presentato è quello di una giovane paziente brasiliana, sofferente di un Disturbo Borderline di Personalità, ricoverata presso la Clinica Psichiatrica dell'Università di Genova.


L'esperienza di cura di questa paziente viene descritta con particolare attenzione a quel che accade soprattutto dentro alla mente del terapeuta, che ci conduce nel suo ordine dei pensieri, anche bizzarri, che il rapporto con questa paziente gli suggerisce: così, come in una strana fiaba, c'è “un inizio che può essere anche una conclusione” poi ci sono “le allucinazioni, simili eppure differenti”, poi “la paziente parla”, e poi “gli psichiatri ascoltano”. Così e con altro ancora si snoda un raccontare di lei, la paziente, che è anche un continuo tentativo di lasciare che sia lei a scrivere di sé, attraverso un linguaggio che è quello che l'autore propone al suo inizio, un linguaggio che tiene conto della distanza tra il proprio desiderio di professionalmente capire e curare (secondo i propri strumenti anche culturali) e quello altrettanto professionalmente orientato di lasciare che sia il paziente a trovare nel terapeuta ciò di cui ha bisogno e il linguaggio con cui esprimerlo. Così emergono riflessioni sicuramente condivisibili sulla natura assai fragile del funzionamento mentale, che si definisce tale anche e soprattutto quando è in relazione ad una propria sensorialità che può essere culturalmente differenziata. Particolarmente suggestiva è la descrizione dei fenomeni allucinatori e la loro collocazione singolare nell'esperienza  di vita della paziente, con le caratteristiche animistiche proprie della sua cultura, così diversa in tal senso dai nostri modelli.


Nel secondo contributo i colleghi dell'Università di Torino (Prastaro e Gandino) presentano uno studio condotto su un campione di 30 educatori professionali. Lo studio, effettuato attraverso interviste, si caratterizza proprio per la volontà di indagare su una professione cosiddetta “debole” spesso messa in ombra da altre professionalità, ma che sempre più pare stia assumendo importanza e desiderio di chiarirsi nella sua specificità. I risultati mettono in evidenza ancora una volta la complessità della scelta di operare in questo campo, proprio nella sua natura di intervento che ha a che fare con le emozioni ma che altresì prevede di attingere alle proprie strutture mentali con la complessità con cui esse si muovono nel veicolare affetti, desideri, fantasie. Il pregio di questo lavoro è quello di mettere in evidenza la non sempre ovvia motivazione che muove chi sceglie di operare nell'ambito della psiche, sostenendo, come oggi è ormai chiaro, che sia la formazione l'indispensabile strumento che caratterizza l'intervento in ambito di patologia mentale. L'argomento è assai discusso, proprio quando sono le valenze di una scelta che è anche e sempre scelta personale, scritta, assai spesso senza saperlo, nella propria storia.


Altrettanto discutibile può essere l'uso oggettivante (antipensiero) che oggi troppo spesso si corre il rischio di fare dei ruoli, soprattutto nel nostro campo, quasi a volersi dimenticare/a voler negare il peso di una professione che è anche e soprattutto basata sulla relazione e-io aggiungo - sulle sue fantasie, insomma sulla relazione di transfert. Altro linguaggio, non tecnico (in senso psi) ma ricco e suggestivo, quello del “racconto” di Pastore che con la consueta maestria ci conduce nella vicenda (reale e fantasmatica) del giovane poeta Isidore-Lucien Ducasse, la cui morte improvvisa, la scarsità di notizie su di lui e la dissacrante opera Chants, alimentarono la leggenda della sua follia, (oltre che del suo genio) e del suo suicidio quale inevitabile via d'uscita.


Pastore, dicevo, non usa il linguaggio tecnico di chi opera in ambito della psiche, ma certamente è dentro di lui assai chiara la complessità dell'animo umano tanto da muoversi con disinvoltura e grande efficacia tra le pieghe della mente del giovane poeta, quanto di chi di lui ha cercato di parlare, spiegare, descrivere e talvolta solo fantasticare.


La vicenda è interessante non soltanto perché ci mette a conoscenza di una parte della letteratura meno nota (credo) a molti, arricchendola di riferimenti letterari e filosofici illuminanti ma anche perché testimonia e conferma (se ce ne fosse ancora bisogno) di quanto i movimenti culturali, la letteratura, la filosofia, l'etica impregnino la nostra vita, anche e soprattutto quella mentale costringendoci e aiutandoci al contempo a farla crescere e plasmarla. Al di là del particolare piacere che personalmente provo ogniqualvolta leggo di psiche in linguaggi più francamente artistici, se volete estetici, mi sono ritrovata anche a riflettere quanto talvolta proprio certe complessità siano esprimibili forse proprio soltanto attraverso canali “altri” da quelli a noi più noti del linguaggio tecnico. Mi riferisco alla sottigliezza di alcune riflessioni che l'autore propone nel cercare di descrivere il rapporto tra il bene e il male che il poeta fa trasparire dai suoi scritti, o piuttosto le ardite osservazioni che Ducasse fa sul plagio (di cui fu spesso accusato), sconvolgendo le opinioni dei più. “Il plagio è necessario. Il progresso lo implica. Stringe da presso la frase di un autore, si serve delle sue espressioni, cancella un'idea falsa, la sostituisce con l'idea giusta. Una massima, per essere ben fatta, non richiede correzioni. Richiede di essere sviluppata”.


Un altro aspetto ,anch'esso non esplicitato ma forse alluso ed evocato da Pastore è l'indispensabile azione di “rottura” del consueto, del “contemporaneo”, del borghesemente condiviso, (mediamente accettabile) che ogni genio, noi diremo ogni nuova idea, produce: mi pare che questo aspetto richiami alla nostra professione di psichiatri, psicoterapeuti, clinici della mente, il carattere di “coraggiosa impresa” che il confrontarsi con la mente, il suo sviluppo e, in sua assenza, il dolore mentale comporta.


Concludono questo numero due interessanti proposte per ampliare la nostra biblioteca.


Il primo “Problem solving nella riabilitazione psichiatrica. Guida pratica” di Laura Barbieri, Ileana Boggian e Dario Lamonaca, tratta con tecnica e altrettanta sostanza teorica il problema delle funzioni cognitive nella riabilitazione psichiatrica con una concettualizzazzione della strategia Problem solving, e una guida pratica a questo tipo di intervento ormai di ampio consenso.


Il secondo “La mente spiegata da Edvard Munch” di Marco Alessandrini è un bellissimo viaggio all'interno della mente di questo grande artista, certamente noto a tutti noi. Alessandrini, l'autore, ha scelto la psicoanalisi quale compagna di viaggio ed il modo con cui la porta con sé, pur delicato e poetico, non lascia dubbi sulla forza incisiva della sua scelta.


Bene, io mi fermo qui.


A voi, buona lettura.


Paola Destefani


Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e scienze umane
Edizioni La Redancia -
vaso.pandora@redancia.it
Iscrizione al Tribunale di Savona n. 418/93 - ISSN 1828-3748