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VOLUME XX
ANNO 2012
N 4
Indice

IL VASO DI PANDORA


Dialoghi in psichiatria e scienze umane - Vol. XX, N°4, 2012


 


Sommario


 


Editoriale


Paola Destefani


pag. 7


 


TRA PRASSI E TEORIA


Verso un insegnamento laico della psicoanalisi


Gianni Guasto


pag. 13


 


APPUNTI DI VIAGGIO


Dentro e fuori, tra le persone, senza tempo o nel tempo


Andrea Narracci


pag. 47


 


QUATTRO PASSI PER STRADA


Michele Risso trent’anni dopo


Luigi Ferrannini, Paolo Francesco Peloso


pag. 65


 


OLTRE…


Linguaggio poetico e psicoanalisi


Di Franco Borgogno


Poesie


Irene Caponetto


pag. 73










 




Editoriale

Nel leggere gli interessanti contributi di questo numero, mi sono ritrovata, come già altre volte mi è capitato a cercarne, dentro di me gli effetti, le tracce, o le suggestioni che potessero così guidarmi nel proporne la lettura, e in questo caso, mi si sono offerte alla mente con rapidità: ideologia, tempo (passato e presente), cambiamento, fede.


Proverò a mettere insieme queste parole, come fossero i pezzi di possibili svariate costruzioni e credo che ogni lettore potrà disporle in altro ordine, l'impressione è comunque che i pezzi siano questi.


Guasto ci propone una riflessione assai corposa e articolata sulla psicoanalisi quale disciplina scientifica e della sua collocazione, oggi, tra ortodossia e inevitabili variazioni tecniche e di sistema. La provocazione iniziale del titolo, che contrappone la tendenza clericale di certa psicoanalisi alla necessità di una sua ricollocazione laica, apre un intelligente e colto dibattito tra presunti interlocutori dove i temi affrontati sono quelli della crescita del pensiero psicoanalitico, del metodo e la necessità che tale pensiero rivoluzionario (quale è nato con Freud) continui a mantener fede alla sua natura scientifica, innovativa e “rivoluzionaria” e non ceda a chiusure di sistema di natura più francamente ideologica e clericale. Credo che l'autore non sia certamente solo nel credere e ricordarci quanto la rigidità e la chiusura di certe organizzazioni (seppur con buon intenzione di sistematizzare, quali le società scientifiche) corrano il rischio di trasformare idee in ideologie e quanto questo processo sia mortifero e per definizione “anti-psicoanalitico”. Così, a confortarlo, qualora ve ne fosse bisogno, vorrei mettere accanto alle sue parole quelle di un grande musicista come Barenboim, che mi pare che abbia espresso come pochi altri (nei fatti, penso ai suoi concerti palestinesi/israeliani) il potere del pensiero libero (e della sua musica) sull'ideologia: “L'ideologia, in qualunque forma si presenti, non è mai l'espressione di un'idea, è solo il veicolo per la sua attuazione: nessuna idea può essere messa in atto in tutti i suoi aspetti in una volta sola, proprio come un interprete può offrire solo certi aspetti della musica in un'unica esecuzione e non può esprimere tutti i contenuti della partitura. L'essenza distillata di un'idea, che è infinita, non va confusa con la sua attuazione che è finita. L'essenza di un'idea non è soggetta a cambiare nel corso del tempo, mentre la sua attuazione varia e dipende dal tempo, dalla percezione e dalla comprensione”.


Le riflessioni di Guasto si snodano su questa stessa linea, offrendoci anche materiale assai interessante su vecchie questioni tecniche e non solo tra i maestri della psicoanalisi, Freud e Ferenczi, che seppur lontane sembrano ancora assai attuali. Le questioni di allora, quelle “controverse” poi e quelle di oggi non fanno che indicarci la stessa strada da seguire, quella della battaglia ostinata, sofferta, talvolta perfino ironizzabile che porta al superamento di sciocchi partitismi e patetici scismi, laddove c’è da trattare la materia umana, che come noi bene sappiamo è soprattutto “un paziente di cui prendersi cura”. Ironica infatti è la triste-amara storia di Masson, che Guasto ci porta con intelligente sarcasmo, ma che riesce anche a farci sorridere di speranza: la speranza sono le nuove idee, i nuovi analisti, forse le nuove scuole che cercano di formarli e lo sforzo di chi, come l'autore, cerca di indicare il percorso intellettuale e culturale, oltre che emotivo, che sarà necessario percorrere.


Il contributo di Narracci si pone direi con armonia in quest'atmosfera di speranza. L'argomento è quello della terapia multifamiliare, che Narracci, sul modello esemplare di Jorge Badaracco ed Elisa Mitre, svolge da anni, prima presso la C.T. Tarsia e poi presso il CSM di Via Riari e Via Palestro a frequenza settimanale.


Narracci propone le riflessioni di questo percorso, che continua tutt'oggi, e che ha sorpreso lui stesso nel non stancarlo, ma anzi nel renderlo più aperto e “leggero” nell'affrontare la psicosi in modo diverso. Le osservazioni interessanti dell'autore ci conducono nel mondo dello psicotico e dei suoi familiari con quel particolare sentimento gravoso di chi ne conosce la reciproca esperienza di sofferenza. Tutti noi conosciamo la letteratura psicodinamica, psicoanalitica e psichiatrica che ha cercato di fare luce sul difficile rapporto che i pazienti psicotici hanno con la propria famiglia, e tutti noi sappiamo la difficoltà di entrare in questi rapporti e l'impossibilità di evitarlo. Tutti noi conosciamo le concettualizzazioni di Searles, concetti quali simbiosi, ambivalenza, tipici di questi rapporti, ma come dice Narracci pochi di noi si sono fermati a pensare alle potenzialità di questi, seppur patologici legami. Ecco è questa l'esperienza innovativa, anche qui, oltre le ideologie, che l'autore ci propone, anzi ci testimonia con i risultati delle sue sedute multifamiliari.


Non c'è il problema della separazione, dell'autonomia che deve forzare e contrapporsi alla simbiosi, c'è invece un modo nuovo di contestualizzare, quasi in senso fenomenologico, lo stare nel mondo dello psicotico e quindi lo stare dentro la famiglia. Durante le sedute multifamiliari, laddove si riesce ad evitare “la rispondenza di ruolo”, non si cerca di “salvare” il paziente o il genitore dalle reciproche azioni confusive e identificazioni proiettive massicce, ma si deve lasciare realizzare un continuo passaggio tra comunicazione superficiale e profonda, e dove è possibile questo luogo si trasforma nel luogo dove si può vivere terapeuticamente tra figli e genitori e da “due si può tornare uno”.


Ecco, questa possibile immagine mi pare assai suggestiva e per noi addetti al lavoro che siamo abituati a pensare che non si possa che andare avanti (seppur “tornando indietro freudianamente”), bene qui sembra più esplicito il dire che la follia (in famiglia, di relazione) sia un processo da cui si può tornare indietro, attraverso la riesplorazione di vissuti e avvenimenti tra genitori e figli: è una lotta che si riapre, che potrà far emergere deliri, rabbia, conflitti ancor più accesi, ma potrà anche far emergere il “non pensabile”. Narracci sottolinea come si lavori, in questi contesti e si comunichi secondo il processo primario, attraverso una pulsionalità istintuale che favorisce ed è favorita dalla “mente ampliada” della seduta. Insomma un grande inno, quello di Narracci, anche nella maestosità della vivace folla della seduta, all'allargare la mente e le sue potenzialità.


Non ultimo per interesse il ricordo/contributo, che Ferrannini e Peloso propongono di Michele Risso.


L'interesse è quello per la psichiatria transculturale, ma è chiaro, oltre che assai bene raccontato dagli autori, il riferirsi a ciò che di più caro è anche allo spirito di questa rivista, cioè l'attenzione che da psichiatri, psicoanalisti, fenomenologi, autori, lettori, poniamo alla persona, prima che al suo essere malata. La grande lezione di Risso, di Fanon e di tutti coloro che li hanno letti e apprezzati, è quello di aver rifiutato ogni riduzionismo e di aver contrapposto a questo atteggiamento mentale, quello non esauribile, per noi, della curiosità e del rispetto.


 


Buona lettura


 


Paola Destefani


 




Gianni Guasto*



Verso un insegnamento laico della psicoanalisi[1]


 


RIASSUNTO


Poiché la psicoanalisi rimane tutt’ora un potente strumento di critica dell’ideologia e una matrice di libertà di pensiero, alla sua missione non può mancare il compito di riflettere criticamente su se stessa e sulla propria storia, per poter superare i residui di dogmatismo e di ideologismo che ancora ne minacciano la sopravvivenza.


In quest’articolo l’autore si propone di studiare la storia dell’insegnamento della psicoanalisi per metterne in mostra le sue caratteristiche autoritarie e dogmatiche, per mostrare come tale insegnamento contribuisca al perpetuarsi di modelli organizzativi del movimento psicoanalitico internazionale che lo hanno reso paragonabile a una Chiesa.


 


PAROLE CHIAVE


Analisi didattica, Balint, Ferenczi, Storia della Psicoanalisi, Insegnamento dogmatico, Insegnamento laico.


 






* Psichiatra e psicoterapeuta, socio ordinario OPIFER, psychoanalytic fellow AAPDP (American Academy of Psychoanalysis and Dynamic Psychiatry).




[1] Rielaborazione della relazione (Italian keynote address) letta al XIII Joint-Meeting OPIFER-AAPDP “La Formazione Psicoanalitica Oggi”, Roma, 12-13 Novembre 2011.




 



 



 



Andrea Narracci*



Dentro e fuori, tra le persone, senza tempo o nel tempo[1]



RIASSUNTO



L’autore propone due riflessioni:


1) il resoconto del proprio processo elaborativo a proposito delle difficoltà incontrate nel confrontarsi con il concetto di “virtualità sana”, senza dimenticare che la “virtualità sana” di ognuna delle due persone coinvolte nelle interdipendenze patologiche e patogene può essere raggiunta se esse vengono ridimensionate attraverso l’utilizzazione del Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare;


2) il tentativo di un’analisi del modo in cui le interdipendenze patologiche e patogene si manifestano agli occhi degli operatori, e della maniera in cui le “lenti psicoanalitiche e psicoterapeutiche sistemico-relazionali” vengono usate, dagli operatori stessi, per cercare di comprenderne meglio la natura.


 


PAROLE CHIAVE


Interdipendenze patologiche e patogene; virtualità sana; oggetto che fa impazzire; gruppo con pazienti, genitori e operatori; rispecchiamento metaforico; transfert multipli.






* Dir. UOC 4° Distretto e Dir. DSM ASLRMA. Già didatta di Psicoterapia Familiare. Membro ordinario dell’AIPSI e dell’IPA. Coautore, insieme al prof. Jorge Garcia Badaracco del libro: “La Psicoanalisi Multifamiliare in Italia”, Antigone, 2011, Torino.




1 Lavoro presentato al Convegno Internazionale sulla “Psicoterapia ad orientamento di coppia, di famiglia, di gruppo e multifamiliare”, che si è tenuto a Bilbao, dal 9 all’11 giugno 2009.


 








 

Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e scienze umane
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