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VOLUME XXI
ANNO 2013
N 1
Indice

IL VASO DI PANDORA


Dialoghi in psichiatria e scienze umane - Vol. XXI, N°1, 2013


 


Sommario


 


Editoriale


Giuseppe Berruti


pag. 7


 


TRA PRASSI E TEORIA


Identità e Solitudine. Testimonianze cliniche


Lucio Venturini


pag. 13


 


APPUNTI DI VIAGGIO


L’insostenibile leggerezza delle strutture residenziali


Panfilo Ciancaglini, Milena Meistro, Giulia Vuillermoz


pag. 37


 


QUATTRO PASSI PER STRADA


L’accoglienza residenziale in psichiatria: collaborazione tra DSM, Ospedale, Territorio e Comunità Terapeutiche


Giuseppe Gazzera


pag. 53


 


OLTRE…


La ricerca dell’anima


Dario Nicora


pag. 67










 




Editoriale

 


Questo numero de “Il Vaso di Pandora”, il primo del 2013 è, mi sembra di poter dire, un classico nel suo genere. Infatti, raccoglie scritti molto diversi tra di loro, ma tutti rivolti a dei punti chiave della pratica e del pensiero psichiatrico dei nostri giorni.


Difficilmente si potrebbe pensare ad un ventaglio più ampio di prospettive sulla psichiatria di oggi.


Panfilo Ciancaglini, Milena Meistro e Giulia Vuillermoz ci parlano della nuova esperienza nelle strutture cosiddette "leggere" che il Gruppo Redancia ha aperto a Savona, al confine tra il vivere e il curarsi; un confine che si sposta man mano che cresce la nostra capacità di curare e di essere più naturali e meno formali, maneggiando in modo più naturale gli strumenti educativi e relazionali che abbiamo a disposizione.


Giuseppe Gazzera d'altro canto ci ricorda il contesto in cui operiamo, che è anche fatto di organizzazioni e istituzioni che hanno una storia, che ricomincia dalla legge 180 e che hanno lottato per tanti anni con uno stigma che ancora oggi pesa o è pronto a pesare e lo collega, e questo mi sembra importante, alla responsabilità etica del nostro mestiere.


Quella responsabilità collettiva che Gazzera ci ricorda, Lucio Venturini ce la mostra con passione nell'incontro con l'altro, che si affida a noi e con cui affrontiamo la cura nella piccola barca dei nostri strumenti tecnici, culturali e personali.


Si tratta di tre prospettive diverse, da cui osserviamo, viviamo e pensiamo il nostro mestiere. Ognuno di noi fa ogni giorno l'esperienza del passaggio da una all'altra e della difficoltà di farle coesistere e dialogare nella pratica quotidiana.


Mi è sembrata importante soprattutto una caratteristica comune ai tre scritti: quella di essere aperti, di mostrare quanto ciò che facciamo sia di confine, incerto e, appunto aperto, specialmente in questi tempi in cui i cambiamenti sociali ed economici rendono i modelli di pensiero e operativi rapidamente obsoleti.


Non ho cercato legami più o meno forzosi tra i diversi scritti, il lettore potrà divertirsi a trovarli da sé, confrontandoli con la propria esperienza.


Mi sono invece lasciato sedurre dal concetto di leggerezza, proprio perché apparentemente così in contrasto con la nostra pratica quotidiana. Nel nostro mestiere la leggerezza non è merce né diffusa né a buon mercato. Ogni giorno ci confrontiamo con l'evidenza della ripetizione, della cronicità, del dolore che sembrano riproporsi sempre uguali, con l'esigenza, che sentiamo oppressiva, del controllo sociale. Tutto questo ci fa sentire, di solito, più Sisifo che Ariel.


Proprio per questo mi pare che la leggerezza possa essere lo spirito guida di questi tempi. Naturalmente una leggerezza che, come dice Paul Valéry, sia quella dell'uccello e non quella della piuma e che quindi porti con sé determinazione e precisione e non vaghezza e abbandono (è il Calvino delle “Lezioni Americane”).


Ma soprattutto una leggerezza che sia un togliere peso, che per noi va di passo con la nostra capacità di sostituire a muri, apparati e dispositivi, la nostra capacità di pensare, di comprendere e di accogliere, d’illudersi e di giocare. Questa mi sembra l’indicazione che viene dall’evoluzione di questi anni delle cosiddette strutture leggere, un’evoluzione che è il risultato, mai raggiunto definitivamente, di un lavoro faticoso e complesso sia istituzionale, come Gazzera ci mostra, sia personale, come troviamo così ben descritto da Lucio Venturini.


È un pensare, individuale e di gruppo, a noi e ai nostri pazienti, ai loro e ai nostri bisogni che, nonostante tutto, continuo a pensare sia il nostro specifico di "psicantropi" e la ragione per cui abbiamo scelto questo mestiere.


Italo Calvino nelle “Lezioni Americane” sembra avere un occhio di riguardo per la leggerezza e la considera, mi pare, una chiave fondamentale del suo scrivere… e mi ha fatto venire in mente una poesia di Gertrude Stein che a sua volta torna nel Winnicott di “Gioco e Realtà”, in cui troviamo che: “A rose is a rose is a rose”.


Laddove ad ogni ripetizione sentiamo il colore, vediamo il profumo, sentiamo la foglia vellutata: la rosa è qui con noi con tutta la sua leggerezza e caducità.


Solo che questa leggerezza ci porta sempre di più, e con maggior precisione, verso la fisicità della rosa, verso la sua sensualità. E in questa sensualità è molto facile riconoscere gli aspetti più profondi e intensi del nostro lavoro di terapeuti. Che dobbiamo guidare, per essere tali.


Abbiamo bisogno della leggerezza dell'uccello, non della piuma. Abbiamo bisogno di una leggerezza determinata e precisa che guidi e non sia guidata.


Winnicott la trovava nel gioco, Calvino nella scrittura.


Per entrambi la questione non era di alzarsi dal suolo per essere trascinati dal vento, ma al contrario, essere in una relazione che tanto più è leggera tanto più consente di renderci reciprocamente un Tu.


Di questo abbiamo bisogno noi. Abbiamo bisogno di leggerezza per essere più vicini alla realtà della cura e della relazione con i nostri pazienti. Ma questo è un processo asintotico, paradossale. Per questo le cosiddette strutture leggere sono leggere nella struttura ma hanno, se funzionano, un peso specifico molto alto. Per questo, questa leggerezza, come dice Ciancaglini, è insostenibile e si scontra con i nostri limiti; per questo se si è onesti con sé stessi, come lo è Lucio Venturini, la tecnica nell'incontro è sempre insufficiente e ogni istituzione psichiatrica pone delle domande di etica alle quali non è in grado di rispondere.


Altrimenti, come periodicamente succede, il vento cala, e scendiamo a terra. Dove ci aspetta la nostra pietra...


 


 


“Appena toccato il suolo,


senza indugio,


lo spirito dell’aquilone si allontana”


Matsuo Basho


 


 


“A rose is a rose is a rose”


Gertrude Stein


 


 


 


Buona Lettura


 


Giuseppe Berruti


 


 



 


 


 


ARTICOLI


 


 




Lucio Venturini*



Identità e Solitudine. Testimonianze cliniche


 


RIASSUNTO



Il presente scritto, attraverso l’osservazione clinica di adulti e di adolescenti, intenderebbe mostrare la presenza di un possibile collegamento ermeneutico – di carattere fenomenologico e psicoanalitico – tra l’apparente sintomatologia neurotiforme di superficie manifestata dai vari pazienti (Attacchi di panico, Ansia generalizzata, Fobia sociale, Distimia, ecc.) ed un loro piano più profondo di sofferenza, costituito da un senso d’incompiutezza del Sé spesso associato a sentimenti di mancata coesione dell’essere e di solitudine.


Una dimensione profonda che andrebbe ad elicitare tutta la fenomenica nevrotica, concretizzandosi – secondo modalità sfumate o nascoste – o in un vero e proprio Disturbo Dissociativo della Coscienza o in significativi aspetti di Derealizzazione e Depersonalizzazione.


L’ipotesi, supportata da considerazioni personali, psicopatologiche e psicodinamiche, evidenzierebbe anche la strutturazione di un progetto di cura dei pazienti stessi (negli aspetti citati di compromissione del processo di auto-identificazione), unitamente ad una valutazione degli elementi che ne abbiano potuto determinare la loro insorgenza.





PAROLE CHIAVE



Identità, solitudine, trasformazione.






* Psichiatra, psicoterapeuta (GE).









Panfilo Ciancaglini*, Milena Meistro**, Giulia Vuillermoz**



L’insostenibile leggerezza delle strutture residenziali






RIASSUNTO


 


Scopo del lavoro è quello di contribuire ad una migliore definizione del concetto di residenzialità leggera. La riflessione degli autori si basa sulla conduzione di due appartamenti del Gruppo Redancia, situati nel centro di Savona, funzionanti da circa due anni.


Prendendo spunto dalla definizione di Italo Calvino della leggerezza come precisione ed elasticità, si focalizza lo specifico che dovrebbe contraddistinguere questo tipo di strutture: la flessibilità nell’adattare ai bisogni contingenti dell’ospite sia l’intensità della cura sia il livello di protezione offerto. Secondo gli autori questo è possibile solo se la struttura è inserita all’interno di una rete di servizi di cui facciano parte il CSM e altre SR oltre, naturalmente, tutte le agenzie socio-sanitarie di supporto.


In effetti il lavoro negli appartamenti ha molti punti di contatto con le pratiche dei CSM. A partire da questa riflessione viene proposto un profilo specifico di cui tener conto nella selezione degli operatori.


Sono poi considerati alcuni aspetti della presa in carico che negli appartamenti necessitano di adattamenti particolari rispetto alle altre SR: la promozione della salute fisica, l’assunzione/somministrazione dei farmaci, la modulazione della stimolazione.


 


 


 


PAROLE CHIAVE


 


Residenzialità leggera, flessibilità, specificità.








* Psichiatra del gruppo “Redancia”.




** Psicologa del gruppo “Redancia”.




 






 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e scienze umane
Edizioni La Redancia -
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Iscrizione al Tribunale di Savona n. 418/93 - ISSN 1828-3748